Si poteva prevedere che gli effetti avversi della vaccinazione COVID-19 avrebbero sopravanzato le persone salvate dai vaccini? Si poteva prevedere che malori e morti improvvise sarebbero aumentati? Vediamo cosa dichiarava pubblicamente Pfizer nei test iniziali che hanno portato all’approvazione di emergenza alla fine del 2020 in tutto il mondo. Pfizer ha condotto uno studio lungo 6 mesi su 44.000 volontari. Metà di questi sono stati vaccinati, agli altri è stato dato un placebo. Lo studio è stato molto criticato, e a ragione, per le modalità in cui è stato condotto. In questa sede per semplicità lo diamo per buono. https://ijvtpr.com/index.php/IJVTPR/article/view/86/224 https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2110345 https://www.nejm.org/doi/suppl/10.1056/NEJMoa2110345/suppl_file/nejmoa2110345_appendix.pdf Durante i 6 mesi di test, 1 vaccinato è morto di COVID, mentre 2 placebo sono morti di COVID. Questo è stato l’unico dato che è stato preso in considerazione. Quello che una persona cerca in un farmaco non è solo guarigione o protezione, ma anche sopravvivenza. Un farmaco non devo solo combattere la malattia, deve anche farmi continuare a vivere! Guarire o non ammalarsi, ma poi morire di altro, non è una bella prospettiva. Vediamo allora com’è andata a questi 44.000 volontari arruolati da Pfizer: tra i vaccinati sono morti in tutto (per qualsiasi causa incluso COVID) 15 persone, tra i placebo ne sono morte 14. Non solo, quando alla fine dei 6 mesi Pfizer ha offerto il vaccino a tutti i placebo (distruggendo così il gruppo di controllo), altri 3 vaccinati e altri 2 placebo vaccinati successivamente sono morti. Tirando le somme il bilancio è di 20 vaccinati morti per qualsiasi causa, contro 14 placebo morti. Ecco che, a detta di Pfizer, il vaccino ha risparmiato una singola morte COVID (1 vaccinato contro 2 placebo), ma ha causato 5 morti extra per altri motivi non-COVID. A quale dei due rami avreste voluto appartenere? Andando ad analizzare le cause di morte notiamo anche 4 morti vaccinati per arresto cardiaco, contro un solo morto non vaccinato per la stessa causa. Questo è un segnale che probabilmente si è manifestato su scala globale con un aumento delle morti improvvise, questa è una mia personale opinione. Resta un mistero come AIFA in Italia, EMA in Europa, FDA negli USA e così via in tutto il mondo abbiano approvato un prodotto che, dichiaratamente e pubblicamente nero su bianco, era noto fin dall’inizio che avrebbe causato più morti in chi lo assumeva rispetto a chi non lo assumeva.
È del tutto legittimo, è non “complottista”, chiedersi se il virus responsabile della malattia COVID-19 sia di origine naturale o artificiale. Ovviamente possiamo solo seguire delle piste e formulare delle ipotesi dato che finora non è saltata fuori nessuna “pistola fumante”. L’epidemia sembra aver avuto inizio a Wuhan, metropoli di 6 milioni di abitanti. In Cina vi sono ben 113 città che contano più di 1 milione di abitanti, ma tra queste l’unica che ospita un bio-laboratorio di massima sicurezza è proprio Wuhan. Si tratta di una mera coincidenza? Vale la pena di analizzare i fatti conosciuti e la documentazione disponibile. Nel 2017 la rivista “Le Scienze”, edizione italiana della prestigiosissima pubblicazione “Scientific American”, pubblicava la traduzione di un articolo già uscito su “Nature” dal titolo “Un laboratorio cinese per i patogeni più pericolosi al mondo”. Cito dall’articolo: “Per alcuni osservatori si tratta di un passo avanti per lo studio dei patogeni ma sono molte le preoccupazioni relative alla sicurezza […] il paese non ha esperienza in questo tipo di laboratori. Fuori della Cina, alcuni scienziati si preoccupano infatti che gli agenti patogeni possano fuoriuscire dall’impianto. Si concentrerà sul controllo delle malattie emergenti e sulla conservazione di virus purificati; inoltre, sarà un “laboratorio di riferimento” per l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I piani futuri includono lo studio del patogeno (coronavirus) che causa la SARS, che non richiede un laboratorio di livello BSL-4, prima di passare a Ebola e al virus Lassa dell’Africa occidentale, che lo richiedono.” https://www.lescienze.it/news/2017/02/25/news/laboratorio_cinese_patogeni_pericolosi-3435336 È un fatto, quindi, che già nel 2017 si temevano fuoriuscite e si sapeva che avrebbero lavorato sul virus della SARS-COV, l’antenato del SARS-COV-2 che causa la malattia COVID-19. Riassumiamo: nell’unica città cinese che ospita un laboratorio dove si studiano i coronavirus SARS scoppia un’epidemia di SARS, ciononostante si bolla come complottista chi attribuisce a questa “coincidenza” un nesso causale. Analizziamo allora la tesi dell’origine naturale: il virus ha fatto un “salto di specie” del tutto naturale dal pipistrello (o dal pangolino) all’uomo grazie alle scarse condizioni igieniche del “mercatino umido” di Wuhan dove si commerciano tali specie animali di cui i cinesi andrebbero ghiotti. Mangiano i cani, non stupirebbe che gradiscano anche altre varietà zoologiche. Nessuno ha mai parlato sui canali di informazione mainstream dell’ispezione dell’OMS a Wuhan all’inizio del 2021: gli ispettori volevano indagare quali specie animali fossero commercializzate a Wuhan negli anni precedenti alla pandemia. I risultati dell’ispezione furono pubblicati su “Nature” nel giugno 2021. Cito dalla pubblicazione ufficiale: “Qui documentiamo 47.381 individui di 38 specie, comprese 31 specie protette vendute tra maggio 2017 e novembre 2019 nei mercati di Wuhan. Notiamo che non sono stati scambiati pangolini (o pipistrelli), a sostegno della riabilitata opinione secondo cui i pangolini non erano probabilmente l’ospite diffusivo alla fonte dell’attuale pandemia di coronavirus (COVID-19)”. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8184983/pdf/41598_2021_Article_91470.pdf È un ulteriore fatto, quindi, che l’OMS stessa ha escluso dopo accurata ispezione il mercatino umido di Wuhan come origine della pandemia. E cosa ne pensa l’intelligence statunitense? In un video del 1° marzo 2023 il Direttore dell’FBI Christopher Wray afferma: “L’FBI ha valutato, da tempo, che le origini della pandemia sono molto probabilmente un incidente di laboratorio a Wuhan”. Tesi confermata da un documento dell’”Office of the Director of National Intelligence” desecretato nel febbraio 2023, cito: “Una agenzia afferma, con moderata certezza, che l’infezione è molto probabilmente il risultato di un incidente di laboratorio accaduto al Wuhan Institute of Virology”. Se lo dice l’FBI tramite il Direttore in persona, vorrà dire che sono “complottisti” anche loro. https://edition.cnn.com/2023/02/28/politics/wray-fbi-covid-origins-lab-china/index.html Questi 3 fatti, di natura assolutamente pubblica e ufficiale provenienti dalla rivista internazionale “Nature”, dall’OMS e dall’FBI corroborano una tesi che con troppa faciloneria è stata derisa e bollata come “complottista” ai più alti livelli della sanità e della politica internazionale. Ma arriviamo ai fatti più concreti: quale ricerca, nello specifico, veniva svolta a Wuhan? Il direttore dello statunitense NIH (National Institute of Health), Antony Fauci, ha sempre negato di aver finanziato la ricerca denominata “Gain of Function”. Ecco in cosa consiste questa ricerca, cito la definizione dal sito NIH: “Il Guadagno di Funzione (GOF, Gain of Function”) consiste in sperimentazione che mira ad AUMENTARE la trasmissibilità e/o la virulenza dei patogeni”. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27502512/ In parole povere, si prende un virus animale presente in natura (ad esempio un coronavirus del pipistrello) innocuo per l’uomo e lo si “potenzia” rendendolo 1) capace di infettare l’uomo e 2) capace di far ammalare l’uomo. Il virus ha perciò “guadagnato” due nuove funzioni: ora è in grado danneggiare l’uomo, prima non ne era capace. Sempre sul sito dell’NIH si ammette che l’istituto di Anthony Fauci ha in passato compiuto ricerche di tipo Gain of Function, cito: “In occasioni limitate, quando giustificato da impellenti esigenze di salute pubblica e condotto in laboratori ad altissima biosicurezza, NIH ha sostenuto alcune ricerche per creare, trasferire o utilizzare potenziali patogeni pandemici derivanti dal miglioramento della trasmissibilità e/o della virulenza di un patogeno negli umani. Il governo degli Stati Uniti e il Dipartimento della Salute la definiscono come ricerca sui Patogeni Potenzialmente Pandemici Potenziati (ePPP).” https://www.nih.gov/news-events/research-involving-potential-pandemic-pathogens Ovviamente non viene reso noto quali siano state queste “impellenti esigenze di salute pubblica”,né si spiega quante vite siano state salvate o quali pandemie siano state sventate grazie a una ricerca che, dichiaratamente e per definizione, prende virus innocui e li rende in grado di causare una pandemia. Ma come si fa a “potenziare” un virus? Con l’ingegneria genetica. Si altera il codice genetico (DNA) dei virus, normalmente aggiungendo sequenze provenienti da altri virus, in modo che diventino più potenti ovvero pericolosi. Quando si crea un nuovo virus combinando il materiale genetico di due o più virus, si è creata una “chimera”, il nome è ispirato al mitico animale con corpo di leone, coda di serpente e una testa di capra sulla schiena. La definizione tecnica di “Chimera Virus” è, cito da Wikipedia: “Una chimera o virus chimerico è un virus che contiene materiale genetico derivato da due o più virus distinti”. https://en.wikipedia.org/wiki/Chimera_(virus) La creazione di chimere non è certo cosa nuova, e chi accusa con faciloneria di complottismo chi parla di virus assemblati fondendo coronavirus SARS e HIV (quello che causa l’AIDS) dovrebbe documentarsi meglio, ad esempio da una ricerca scientifica condotta a Taiwan nel 2007 e pubblicata sempre sul sito dell’NIH di Anthony Fauci, cito semplificando i termini tecnici: “Abbiamo rimpiazzato parte del genoma del virus HIV con una sezione del genoma del SARS-CoV per comprendere le potenzialità della chimera.” https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18592403 Chi per certo non si era documentato in proposito è il personaggio televisivo Bassetti, che affermò: “Montagnier è un rincoglionito e ha problemi di demenza senile. Farebbe bene a spingere la carrozzina dei suoi nipoti”. Il Premio Nobel aveva infatti parlato di inserti del virus HIV in quello della SARS. Nel 2014 il progredire della ricerca Gain of Function preoccupava, durante la presidenza Obama furono sospesi i finanziamenti per via degli inevitabili rischi di “biosicurezza”. Non potendo proseguire negli USA con questo tipo di ricerca, Fauci decise di spostarla in Cina per aggirare la moratoria. In un video del 2021 Fauci stesso ammise pubblicamente l’escamotage: “Il laboratorio di Wuhan è un laboratorio molto grande, vale centinaia di milioni se non miliardi di dollari: la sovvenzione di cui stiamo parlando è stata di 600.000 US$ in cinque anni. Non vuoi stare a Hoboken in New Jersey, o a Fairfax in Virginia, per studiare il salto di specie uomo-pipistrello che potrebbe portare a un’epidemia, quindi vai in Cina”. https://www.youtube.com/watch?v=PIykI-MKDj0 Una delle affermazioni più razziste che abbia mai letto: Fauci afferma che non poteva mettere a rischio la salute degli americani, quindi spostò la ricerca proibita negli USA in una città cinese di 6 milioni di abitanti, tanto se scoppia un’epidemia laggiù chi se ne frega. Ma come si finanzia una ricerca Gain of Function se c’è una moratoria covernativa che lo impedisce? Semplice, si usa la più classica delle triangolazioni internazionali: l’NIH di Fauci finanziava la ONG (organizzazione non governativa) “Eco Health Alliance” di Peter Daszak, che a sua volta finanziava il Whuan Institute of Virology. Beninteso, tutto alla luce del sole. Esiste documentazione ufficiale datata 2014 scaricabile liberamente dal sito della NIH, dal titolo “Comprendere il rischio della comparsa di un coronavirus del pipistrello”, quindi esattamente il tipo di virus che sarebbe scappato dal mercatino umido di Wuhan. https://www.nih.gov/sites/default/files/institutes/foia/20211020-risk-of-bat-emergence.pdf In tale documento si quantifica il denaro che il Governo Federale USA, tramite l’NIH di Fauci, avrebbe nei successivi 5 anni dato a Eco Health Alliance allo scopo di finanziare tale ricerca presso il Wuhan Insitute of Virology. Il tutto sotto l’egida dell’OMS e del CDC (Ministero della Salute USA), organizzazioni che vengono esplicitamente citate in tale documento. Peter Daszak non ha mai fatto mistero che la ricerca a Wuhan fosse di tipo Gain of Function, ovvero del tipo che prende virus innocui e li potenzia per renderli pericolosi per l’uomo. Cito un video di Daszak del 2016: “Quindi quando ottieni una sequenza di un virus, e sembra un parente di un noto agente patogeno, proprio come abbiamo fatto con la SARS. Abbiamo trovato altri coronavirus nei pipistrelli, un’intera serie di virus; alcuni di loro sembravano molto simili alla SARS. Quindi abbiamo sequenziato la proteina spike: la proteina che si attacca alle cellule. Poi noi… Beh, non ho fatto io questo lavoro, ma i miei colleghi in Cina hanno fatto il lavoro. Crei pseudo particelle, inserisci le proteine spike di quei virus e vedi se si legano alle cellule umane. Ad ogni passo di questo processo, ti avvicini sempre di più a questo virus che potrebbe davvero diventare patogeno nelle persone. Ti ritroverai con un piccolo numero di virus che sembrano davvero assassini.” Più chiaro di così… https://www.c-span.org/video/?c4966587/user-clip-peter-daszak-describes-colleagues-china-manipulating-viruses La ricerca svolta a Wuhan per conto di Fauci e Daszak fu pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “PLOS Pathogens” nel novembre del 2017. Tra gli autori dell’articolo figura anche Peter Daszak stesso in rappresentanza della Eco Health Alliance. Nell’articolo si studia la proteina Spike del coronavirus SARS, semplificando i termini tecnici cito: “In questo studio, abbiamo confermato l’uso di una parte di cellula umana come ricettore di due nuovi SARS-CoV utilizzando virus chimerici con la spina dorsale del virus WIV1 sostituita con la proteina Spike dei SARS-CoV appena identificati.” https://journals.plos.org/plospathogens/article%3Fid%3D10.1371/journal.ppat.1006698 Fauci durante un’audizione al Senato USA di luglio 2021 negò sotto giuramento di aver mai violato la moratoria finanziando ricerca Gain of Function a Wuhan. L’evidenza documentale ci mostra il contrario, ciò si desume da un’ispezione dello “US Department of Health and Human Services” che ha recentemente fatto le pulci all’NIH di Fauci, nel gennaio 2023. Cito dalle risultanze dell’ispezione: “NIH il 19 aprile 2020 inviò una lettera a EcoHealth richiedendo a EcoHealth di interrompere i finanziamenti a Wuhan, motivando con la preoccupazione che il Wuhan Institute of Virology potesse essere coinvolto con il rilascio del coronavirus responsabile del COVID-19. EcoHealth inviò a NIH il rapporto di progresso quinquennale con 2 anni di ritardo, il 3 agosto 2021. Il rapporto descriveva ricerca che NIH reputava creare un virus con «crescita potenziata».” Tale rapporto risulta inviato all’NIH un mese dopo la negazione di Fauci al Senato… ma risulta veramente difficile credere che Fauci stesso, visti i timori esplicitati nel 2020, non sapesse che cosa veniva fatto a Wuhan con i finanziamenti dell’NIH. https://oig.hhs.gov/reports/all/2023/the-national-institutes-of-health-and-ecohealth-alliance-did-not-effectively-monitor-awards-and-subawards-resulting-in-missed-opportunities-to-oversee-research-and-other-deficiencies Per sommi capi, alcuni fatti salienti: Nessuno di questi fatti costituisce prova inconfutabile che il virus sia fuoriuscito dal Wuhan Institute of Virology, non ci sarebbe da stupirsi se fosse stato creato in un qualsiasi altro bio-laboratorio negli USA o altrove, sulle cui ricerche non sappiamo niente. Ma che non ci raccontino storielle infantili su pipistrelli e pangolini quando esiste vasta e pubblica documentazione comprovante che si cercava in tutti modi di trasformare innocui virus animali in “killers”.
Introduzione Sono un ingegnere elettrico (quando mi sono laureato si diceva “elettrotecnico”, termine ormai antiquato) e faccio uso quotidiano dei fogli di calcolo, che sono utilissimi nel mio lavoro nel campo dell’energia e dell’idraulica. Come tanti altri prima di me, già nel primo anno di pandemia ho iniziato a pormi molti dubbi sui dati e sulla narrazione che venivano diffusi H24 dalle Istituzioni e dai principali organi d’informazione. Col passare del tempo, le perplessità sulle decisioni della Scienza e di chi diceva di parlare in Suo nome non hanno fatto che aumentare: sembravano mirate a impedire di curare gli ammalati, intasare i pronto soccorso e ostacolare la ricerca delle cause specifiche di morte. L‘arrivo tanto atteso dei “vaccini”, se da un lato mi ha fatto scoprire di essere un “no vax” per aver rifiutato un non-vaccino, dall’altro ha stravolto i principi della medicina permettendo di iniziare le somministrazioni di un farmaco (sperimentale) a meno di un anno dalla scoperta dei primi casi di un’infezione definita “sconosciuta”. Quando si è iniziato a sentire con sempre maggiore insistenza di bambini e adolescenti morti d’infarto o di “malore improvviso” mentre gli Istituti di vigilanza sanitaria negavano fermamente qualsiasi aumento di mortalità giovanile, è stato il punto di svolta. Ho deciso di spendere ore e ore della mia vita, molte delle quali di notte, e mettere a frutto la mia familiarità coi fogli di calcolo per elaborare i dati ufficiali e costruirmi da solo le informazioni che non trovavo da nessuna parte. Con l’intento ovviamente di divulgarle, se avessi trovato qualcosa di interessante. Dopo un periodo di purgatorio passato a cercare di decifrare gli immensi file di raccolta dei decessi resi disponibili da Istat (per la cui estrazione usufruisco tuttora dell’appoggio dell’ing. Trambusti, che nel frattempo ho conosciuto e con cui si è sviluppata una collaborazione e una sincera amicizia), mi è stato possibile costruire una struttura di calcolo per elaborare in maniera sistematica l’eccesso di mortalità della popolazione suddivisa per classi d’età e per genere. In aggiunta, ho scelto di visualizzare congiuntamente in appositi grafici gli andamenti temporali dell’eccesso di mortalità e delle somministrazioni vaccinali. Non sapevo a priori cos’avrei trovato: l’intento era ricostruire realtà complesse a partire dai dati più elementari, senza nessun filtro posto da elaborazioni esterne. Volevo vederci chiaro. Questa struttura di calcolo è stata oggetto di continui perfezionamenti, ma fin dall’inizio mi ha rivelato uno scenario che più che interessante definirei inquietante. Il che mi ha fornito la motivazione per continuare ad ampliare la ricerca fino a renderla meritevole della massima divulgazione. Credo che adesso il momento sia arrivato. Ho svolto la medesima ricerca coi dati nazionali, e coi dati di tutte le regioni e province autonome, arrivando a mettere insieme un volume notevole di documentazione che è consultabile a questo link (….). Nei prossimi capitoli cercherò di descrivere le parti salienti di questo studio. Per valutare autonomamente l’eccesso di mortalità ho dovuto studiare, a partire dalla definizione più generale che se ne dà, ai metodi di calcolo più utilizzati dagli Istituti di statistica e di sorveglianza sanitaria e dalle Istituzioni in generale. Ho visto che non esiste un metodo univoco, che metodi diversi danno risultati diversi, e ho dovuto fare delle scelte. Ho scelto appositamente come base il metodo più semplice e più cautelativo, ma più largamente utilizzato dalle Istituzioni: in tal modo i miei risultati sono direttamente confrontabili. Ho poi introdotto una variante più raffinata, anch’essa molto utilizzata. Gli amici matematici a volte storcono il naso per la semplicità dei miei algoritmi di calcolo, ma io difendo i miei metodi per due motivi: in primis per la diretta confrontabilità dei risultati con quelli ufficiali; inoltre, più che dati meramente numerici mi interessavano le variazioni. Una volta messo a punto il mio strumento, ho potuto constatare che le Istituzioni omettono di segnalare le realtà scomode, arrivando anche a negarle spudoratamente. Ho imparato molto presto anche i trucchetti che vengono messi in atto per farlo, che sono in realtà molto goffi e ripetitivi. Il secondo passo è stato mettere a confronto, in maniera sistematica, l’andamento dell’eccesso di mortalità con quello delle somministrazioni vaccinali. Non sono partito con un risultato prefissato, né tantomeno pensavo di poter arrivare a dimostrare nessi causali, ma avevo la possibilità di monitorare capillarmente su un periodo di quattro anni l’andamento della mortalità in corrispondenza della più grande campagna di somministrazione pressoché universale di un farmaco (sperimentale). Da subito i risultati mi hanno fatto suonare un campanello d’allarme. Tra le popolazioni giovanili, i casi di eccesso di mortalità (quelli negati dalle Istituzioni e dalla narrazione dominante) erano sempre di poco preceduti da periodi di intensa somministrazione, e spesso a livello grafico ne copiavano addirittura la forma! Ho potuto verificare che determinati gruppi di popolazione erano più colpiti di altri da anomalie nella mortalità, e le dinamiche si ripetevano molto simili in diverse regioni. Si può obiettare che un confronto di tipo grafico può trarre in inganno e la variazione sincrona di due curve può essere un fatto casuale che non comporta nessuna reciproca influenza tra le due. Il problema è nel numero di volte che un evento può ripetersi per continuare a definirlo casuale: la definizione regge se il numero raggiunge le due o tre cifre? Scorrendo i numerosi grafici nazionali e regionali disponibili, risulta evidente la frequenza con cui ai periodi di somministrazioni corrispondono repentini peggioramenti nell’andamento della mortalità. Ciò si riscontra ovunque ma è più ricorrente nelle regioni del Sud. Per le popolazioni più anziane le dinamiche sono diverse, ma salta all’occhio che la mortalità in generale non accenna mai a diminuire, continuando a crescere anche dopo i due picchi pandemici e l’inizio delle vaccinazioni, mentre nelle regioni del Centro e del Sud inizia in concomitanza con le vaccinazioni. In conclusione: metto a disposizione il mio lavoro non per dare delle risposte, ma per porre delle domande che chi ha in carico la salute pubblica non potrà continuare a eludere all’infinito. L’eccesso di mortalità, e i trucchetti per farlo sparire Il primo punto da chiarire è che per tutta la trattazione mi riferisco alla mortalità generale, vale a dire senza distinzione di causa. Selezionare una causa specifica (es. Covid-19) implicherebbe introdurre criteri di selezione e quindi arbitrarietà. L’eccesso di mortalità è oggetto di analisi per gli anni che vanno dal 2020 al 2023. Ciò premesso: qual è la definizione di “eccesso di mortalità”, e come si calcola? La definizione più generale è: differenza tra i decessi accertati in un certo periodo e i decessi attesi nello stesso periodo. È ovvio che questa differenza può anche essere negativa, anche se il termine “eccesso” può far pensare il contrario. È altrettanto ovvio che il problema si sposta sulla valutazione dei decessi attesi, e qui si apre un mondo. Per valutare i decessi attesi occorre fare due scelte: il periodo di riferimento, e il modello con cui elaborare i dati disponibili in tale periodo. Per la scelta del periodo di riferimento, si trovano diverse scelte in letteratura. Istat in genere prende a riferimento il “quinquennio pre-pandemico”, vale a dire gli anni 2015–2019 (1), anche se per alcune analisi ha considerato il biennio 2018-2019 (2). Anche il prestigioso sito di statistica “Our World in Data” fa riferimento al quinquennio 2015-2019 (3). Eurostat fa riferimento al quadriennio 2016-2019 (4). L’OMS, o WHO in inglese, in genere considera il quinquennio 2015-2019 (5). È possibile riferirsi anche a periodi più lunghi, generalmente non oltre l’intervallo 2011-2019. Supponendo di aver scelto il periodo, veniamo al metodo di elaborazione dei dati. Il più semplice in assoluto è fare la media dei decessi nel periodo di riferimento. I valori medi così trovati si dovranno poi rapportare alle variazioni demografiche (quest’ultimo punto sarà ampiamente ripreso nel seguito). Questo metodo, il più semplice, presenta il limite di non tener conto della tendenza temporale dei decessi: in presenza di un andamento in aumento o diminuzione è lecito attendersi negli anni successivi valori che seguano la stessa tendenza. Si possono quindi realizzare estrapolazioni della tendenza, mediante regressioni lineari (individuando la retta che meglio interpreta l’andamento pregresso) o mediante funzioni matematiche di complessità crescente. Un esempio di valutazione dei decessi attesi, o baseline mediante regressione lineare è quello utilizzato dal sito Our World in Data (3). Metodi molto sofisticati possono talvolta portare a brutte sorprese come testimonia l’incidente occorso alla stessa WHO nel 2022 nel valutare l’eccesso di mortalità in Germania, episodio in seguito battezzato “German puzzle” (6). Analogamente, un eccessivo uso di regressione lineare per le classi giovanili può portare a sovrastime come testimoniato dal “disclaimer” di Euromomo nel 2023 (*) https://www.euromomo.eu/bulletins/2023-16 I metodi di valutazione dei decessi attesi, e quindi dell’eccesso di mortalità come si è visto non sono univoci. Ovvio che metodi diversi possono avere pro e contro e possono dare risultati diversi, più o meno cautelativi e più o meno affidabili. L’importante è che il metodo usato sia chiaro ed applicato rigorosamente, per dare la possibilità al lettore di interpretare correttamente i risultati e per descrivere adeguatamente le tendenze, che non sono meno importanti dei valori assoluti. Metodi scelti per questo studio Fatte le dovute premesse, forse un po’ noiose, passiamo alle basi utilizzate per lo studio in oggetto. Il periodo di riferimento prescelto è il quinquennio 2015-2019, poiché è quello che più comunemente si ritrova nelle pubblicazioni e nei dibattiti più o meno scientifici. Per quanto riguarda i metodi di elaborazione dei dati, si sono utilizzate sia la media del periodo che la regressione lineare (entrambe ponderate sulle variazioni demografiche). La valutazione dei decessi attesi tramite la media, che utilizzo preferibilmente per le classi giovanili (< 50 anni) fornisce dati cautelativi, nel senso che in genere sottostima leggermente l’eccesso di mortalità rispetto a metodi più sofisticati. Ciò poiché in generale i tassi di mortalità, perlomeno a partire dal 2011, oscillano intorno a una linea in discesa. Utilizzo comunque questo metodo intanto perché è comunemente usato anche dagli istituti di statistica; inoltre per alcune classi giovanili nel quinquennio in esame l’andamento dei tassi di mortalità è tutt’altro che regolare, e un’estrapolazione potrebbe portare forti distorsioni (*). Cionondimeno, per alcune classi d’età giovanili con dati più regolari vale la pena di utilizzare entrambi i metodi. Per le classi d’età più anziane (> 50 anni) è sicuramente preferibile l’analisi con la regressione lineare. Con la regressione lineare, stimo i valori che si sarebbero avuti nel 2020 se si fosse mantenuta la tendenza dei cinque anni precedenti, e mantengo questo valore come riferimento da lì in poi. In questo modo, il numero di decessi attesi preso a riferimento è lo stesso per l’anno pandemico e per gli anni a seguire. Un grafico aiuta a capire meglio la differenza tra i due metodi. Figura … Dalla figura sopra si capisce agevolmente che considerare il valor medio dei 5 anni pre-pandemici non terrebbe conto dell’andamento dei tassi di mortalità e darebbe valori attesi maggiori. In questo caso abbiamo a che fare con una popolazione anziana con andamento regolare (in discesa) dei tassi di mortalità. È evidente che la scelta dei valori attesi mediante regressione lineare comporterà valori maggiori di eccesso di mortalità, e certamente più corretti. In ogni caso, il valore dato dalla media dei decessi sul quinquennio, puro o corretto secondo la regressione lineare, dev’essere riportato al numero di abitanti di cui si compone la popolazione in esame per ogni anno oggetto di valutazione, mediante una semplice proporzione col numero medio di abitanti durante il periodo di riferimento. Il motivo per cui occorre rapportare i decessi medi al variare della demografia è piuttosto evidente: se ad esempio il numero di residenti fosse diminuito del 10% tra il periodo di riferimento nel quale si contano i decessi e se ne fa la media, e l’anno per il quale si calcola l’eccesso, è ovvio che a parità di condizioni anche il numero dei decessi dovrebbe diminuire del 10% Si veda sotto il grafico che mostra il numero di residenti in Italia (al primo gennaio) negli anni dal 2015 al 2023, per ognuna delle classi d’età considerate. È palese che nelle classi…